Di quanto viene trattato in questo libro, difficilmente troverete traccia nei testi scolastici di economia. L’economia mainstream, quella canonica, quella che viene insegnata nei corsi universitari, è spesso descritta proprio da coloro che hanno contribuito a plagiarla e distorcerla negli ultimi cento e più anni.
Per chi sia digiuno di economia, è difficile concepire che la teoria economica possa essere rappresentata in modo funzionale ad interessi particolari. Una scienza, dopo tutto, non dovrebbe lasciare spazio ad interpretazioni e narrazioni soggettive. Ma l’economia non è una scienza esatta, non è matematica, non è geometria. L’economia è una scienza sociale e non può essere descritta in modo deterministico alla pari di fisica o chimica. L’economia viene interpretata da teorie diverse, alcune delle quali, accreditate come “ufficiali”, la descrivono in modo strumentale e funzionale agli interessi di grandi potentati economici. Inutile sottolineare come tali interessi non coincidano con quelli della gente comune.
Ciò che espongo in questo testo si propone di spiegare, tramite un excursus storico, come si sia giunti all’attuale contesto di depravazione economico-finanziaria, con particolare riferimento all’inflazione.
I fatti storici che riporto ed i dati che cito aiutano a sviluppare concetti economici che trovano preciso riscontro nella teoria descritta dalla cosiddetta Scuola Austriaca di Economia, una scuola di pensiero derivata dall’economia classica attraverso una ferrea logica deduttiva, tanto formale quanto elegante. Gli economisti di Scuola Austriaca hanno, più di tutti, strutturato un pensiero economico solido e impeccabile nella logica ma, ahimè, non funzionale agli interessi delle classi politiche e tale pensiero, quindi, è rimasto in ombra. Il mio tentativo è quello di renderlo più facilmente fruibile a chi non abbia pregresse conoscenze in materia e di diffonderlo sottolineandone la valenza concettuale.
Chi non volesse limitarsi a quanto riassunto in queste pagine, potrà approfondire leggendo Carl Menger, Ludvig von Mises, Friedrich von Hayek, Murray Rothbard, Henry Hazlitt, oppure i contemporanei Hans-Hermann Hoppe, Jesús Huerta de Soto, Philipp Bagus, Joseph T. Salerno, Thomas E. Woods, Robert P. Murphy, Peter Schiff, Mike Maloney, Saifedean Ammous.
Non bisogna stupirsi se i concetti qui esposti non vengono sviluppati dagli economisti più in vista, dai professori che si alternano alla guida delle grandi istituzioni finanziarie e che compaiono quotidianamente sulla stampa e in televisione. Gli economisti “titolati”, anche molto competenti, hanno troppo spesso un interesse personale nel sostenere una tesi, alla pari di molti esperti in ogni campo. Normalmente, fanno parte di un sistema pubblico come le Università o la politica, o sussidiato dal pubblico come i media o le banche centrali e da quel sistema derivano il proprio reddito.
Per avere un punto di vista non soggetto ad interessi corporativi non è solo utile ma, a mio avviso, necessario ascoltare chi è fuori dal coro prevalente e non è pagato dalle istituzioni pubbliche.
A puro titolo di esempio, un lavoro del 2005 di Lawrence H. White, professore di Storia dell’Economia, illustra come nel 2002 circa il 74% degli articoli accademici sulla teoria monetaria, negli Stati Uniti, fossero pubblicati dalla banca centrale americana o scritti con la collaborazione di economisti della banca centrale.
L’autore di queste pagine non millanta titoli economici e, nonostante abbia dedicato anni allo studio di materie economiche, ha una formazione scolastica in elettronica industriale, non in economia. Per chi avrà la pazienza di leggere queste pagine, tuttavia, diventerà chiaro quanto sia importante non appartenere al mainstream per esprimere un punto di vista disinteressato sull’attuale panorama economico, sul nostro corrotto sistema monetario e sull’inflazione che gli economisti “qualificati” vorrebbero sdoganare come normale.
Questo lavoro si concentra su aspetti economici e non si propone di approfondire tematiche sociologiche o antropologiche che, pure, l’economia investe. La trattazione, viceversa, diverrebbe enciclopedica e trascenderebbe sia le intenzioni che le capacità dell’autore. Se non mi esimo dall’esprimere con veemenza il mio disprezzo verso chi gestisce il sistema monetario a scopi di potere, intendo comunque lasciare al lettore considerazioni, sempre personali, relative alla complessità della materia economica calata in un contesto sociale.
Grazie, e buona lettura.
Andrea Moressi